Ricorso della Provincia autonoma di  Trento  (codice  fiscale  n.
00337460224), in persona del presidente della Giunta provinciale  pro
tempore dott. Ugo Rossi, autorizzato con deliberazione  della  Giunta
provinciale del 10 febbraio 2017, n. 227 (doc.  1),  rappresentata  e
difesa, come  da  procura  speciale  del  15  febbraio  2017  a  cura
dell'Ufficiale rogante dott. Guido Baldessarelli, n. 44449 di  racc.,
n. 28357 di  rep.  (doc.  2),  dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon
(codice  fiscale  FLCGDM45C06L736E)  di  Padova,  dall'avv.   Nicolo'
Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia autonoma  (codice  fiscale
PDRNCL56R01G428C),  e   dall'avv.   Luigi   Manzi   (codice   fiscale
MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto  presso  quest'ultimo
in via Confalonieri n. 5, Roma, 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1: 
    comma 392, primo, secondo e terzo periodo, e comma 394; 
    comma 466, quarto periodo; 
    comma 475, lett. a) e b), comma 479, lett. a), e comma 483, primo
periodo, nella parte in cui richiama il comma 479, 
    della legge 11  dicembre  2016,  n.  232,  recante  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2017  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019» e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale, Serie  generale  n.  297  del  21  dicembre  2016  (Suppl.
ordinario n. 57); 
    per violazione: 
      degli articoli 79, 103, 104 e 107 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto  speciale),  nonche'
delle relative norme di attuazione; 
      del titolo VI del decreto del Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972, n. 670, e in particolare degli articoli 69, 79, 80 e  81
e delle relative norme di attuazione (decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 268, in particolare articoli 17, 18 e 19); 
      dell'art. 8 (in particolare n. 1), dell'art. 9 (in  particolare
n. 10), dell'art. 16 dello Statuto speciale e delle relative norme di
attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n.
474, in particolare l'art. 2); 
      del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; 
      degli  articoli  117,  commi  terzo  e  quarto,  e  119   della
Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; 
      del  principio  di  leale  collaborazione  anche  in  relazione
all'art. 120 della Costituzione,  e  dell'Accordo  15  ottobre  2014,
recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190; 
    del principio di ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione; 
    dell'art. 81 della Costituzione, anche in  relazione  alla  legge
costituzionale n. 1 del 2012 e alla legge n. 243 del 2012. 
 
                           Fatto e Diritto 
 
Premessa 
    Il presente ricorso si riferisce  ad  alcune  disposizioni  della
legge 11 dicembre 2016, n. 232, Bilancio di  previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale  per  il  triennio
2017-2019. Precisamente, si tratta dell'art. 1, commi 392, 394,  466,
475, 479, 483. 
    La  ricorrente  Provincia  autonoma  ritiene   che   tali   commi
presentino contenuti costituzionalmente illegittimi  e  lesivi  della
propria autonomia e sfera finanziaria. 
    Non si ignora, naturalmente, l'esistenza dell'art. 1, comma  638,
il quale  prevede  che  «le  disposizioni  della  presente  legge  si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di
Trento e di Bolzano compatibilmente con i  rispettivi  statuti  e  le
relative norme  di  attuazione,  anche  con  riferimento  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». Tale clausola,  tuttavia,  non
e' di per se' idonea a evitare  che  le  disposizioni  specificamente
indirizzate alle  autonomie  speciali,  e  in  particolar  modo  alla
Provincia  autonoma  di  Trento  (nonche'  aventi  contenuto   lesivo
dell'autonomia stessa, come  le  norme  impugnate),  possano  trovare
comunque applicazione. 
    Trattandosi nel presente ricorso di questioni  diverse,  conviene
esporre distintamente per ciascuna di esse gli elementi di fatto e di
diritto che le caratterizzano, in relazione ai  quali  la  ricorrente
Provincia  chiede  a   codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale. 
I. Illegittimita' costituzionale del  comma  392,  primo,  secondo  e
terzo periodo, e del comma 394. 
      a. Le norme del comma 392 per le Regioni speciali e le Province
autonome, in relazione ai precedenti disposti del comma 680 dell'art.
1 della legge n. 208 del 2015. 
    Il  comma  392  della  legge  di  bilancio  2017  ridetermina  in
riduzione il  livello  del  finanziamento  del  fabbisogno  sanitario
nazionale standard cui concorre lo Stato, in dichiarata  applicazione
di quanto previsto dall'art. 1, comma 680, della  legge  n.  208  del
2015 e dall'intesa conclusa in sede di Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano in data 11 febbraio 2016. 
    Precisamente, esso stabilisce che «per gli anni 2017 e  2018,  il
livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard
cui concorre lo  Stato,  indicato  dall'intesa  sancita  in  sede  di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano dell'11 febbraio 2016  (Rep.
atti n. 21/CSR), in attuazione dell'art. 1, comma 680, della legge 28
dicembre 2015, n. 208, e' rideterminato  rispettivamente  in  113.000
milioni di euro e in 114.000 milioni di euro» (primo periodo), e  che
«per  l'anno  2019  il  livello  del  finanziamento  del   fabbisogno
sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato  e'  stabilito  in
115.000 milioni di euro» (secondo periodo). 
    Di seguito (terzo periodo) il comma 392 dispone che «le regioni a
statuto speciale e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
assicurano  gli  effetti  finanziari  previsti  dal  presente  comma,
mediante la sottoscrizione  di  singoli  accordi  con  lo  Stato,  da
stipulare entro il 31 gennaio 2017». 
    Il quarto periodo stabilisce che «per  la  regione  Trentino-Alto
Adige  e  per  le  province  autonome  di   Trento   e   di   Bolzano
l'applicazione del presente comma avviene nel  rispetto  dell'accordo
sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014
e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il  concorso  agli
obiettivi di finanza  pubblica  previsto  dai  commi  da  406  a  413
dell'art. 1 della medesima legge». 
    In  questi  termini,  la  posizione  della  ricorrente  Provincia
dovrebbe essere perfettamente salvaguardata,  dal  momento  che  essa
corrisponderebbe  pienamente  a  quella  concordata  con  lo   Stato.
Tuttavia, non e' chiaro se sia realmente cosi', dal  momento  che  il
periodo precedente a sua volta espressamente prevede  che  anche  «le
province autonome di Trento e di Bolzano» siano tenute  a  concludere
accordi diretti ad assicurare «gli effetti  finanziari  previsti  dal
presente comma». 
    Attraverso questa disposizione, dunque, e' posto a  carico  delle
Regione speciali - e, in ipotesi, delle due Province  autonome  -  un
contributo da determinarsi mediante accordo tra lo Stato  e  ciascuna
autonomia speciale interessata, correlato alla  riduzione  del  Fondo
sanitario nazionale. 
    Il successivo comma 394 stabilisce che «con i medesimi accordi di
cui al  comma  392  le  regioni  a  statuto  speciale  assicurano  il
contributo a loro carico previsto dall'intesa dell'11 febbraio  2016»
e che «decorso il  termine  del  31  gennaio  2017,  all'esito  degli
accordi sottoscritti, il Ministro dell'economia e delle  finanze,  di
concerto con il Ministro della  salute,  entro  i  successivi  trenta
giorni, con proprio decreto attua quanto previsto per gli anni 2017 e
successivi dalla citata intesa dell'11  febbraio  2016,  al  fine  di
garantire il conseguimento dell'obiettivo  programmatico  di  finanza
pubblica per il settore sanitario». 
    Anche questa disposizione potrebbe  essere  ritenuta  applicabile
alla Provincia autonoma di Trento, stante la menzione delle  «regioni
a statuto speciale»  unitariamente  considerate,  e  dunque  di  enti
territoriali con autonomia  del  livello  pari  a  quelle  delle  due
Province autonome. 
    Le previsioni ora  illustrate  rappresentano  un'attuazione  -  e
tuttavia,  ad  avviso  della  ricorrente  Provincia,  una  attuazione
illegittima, come subito si dira' - di quanto previsto  dall'art.  1,
comma 680, della legge n. 208 del 2015. 
    Tale comma, nella versione ora modificata dalla legge n. 232  del
2016, dispone che le Regioni e le Province autonome di  Trento  e  di
Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei  propri  ordinamenti  ai
principi di coordinamento della finanza pubblica di cui  alla  stessa
legge n. 208 del  2015  e  a  valere  sui  risparmi  derivanti  dalle
disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, della Costituzione,  «assicurano  un  contributo  alla
finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per  l'anno  2017  e  a
5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e  2020,  in
ambiti di spesa e per importi  proposti,  nel  rispetto  dei  livelli
essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle  regioni
e province autonome medesime, da recepire con  intesa  sancita  dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano,  entro  il  31  gennaio  di
ciascun anno». Lo stesso comma 680 aggiunge poi che  «in  assenza  di
tale intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  da  adottare,  previa  deliberazione   del
Consiglio  dei  ministri,  entro  venti  giorni  dalla  scadenza  dei
predetti termini, i richiamati importi sono assegnati  ad  ambiti  di
spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome, tenendo
anche  conto  della  popolazione  residente  e  del   PIL,   e   sono
rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti  individuati  e
le modalita' di acquisizione delle  risorse  da  parte  dello  Stato,
inclusa la  possibilita'  di  prevedere  versamenti  da  parte  delle
regioni interessate,  considerando  anche  le  risorse  destinate  al
finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale». 
    Con riferimento alle sole autonomie speciali,  il  terzo  periodo
del  comma  680,  stabilisce  che,  «fermo   restando   il   concorso
complessivo di cui  al  primo  periodo,  il  contributo  di  ciascuna
autonomia speciale e' determinato previa intesa  con  ciascuna  delle
stesse» e, al quarto periodo, che «le regioni e le province  autonome
di Trento e  di  Bolzano  assicurano  il  finanziamento  dei  livelli
essenziali di assistenza come eventualmente  rideterminato  ai  sensi
del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente  articolo  e
dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge  23  dicembre  2014,  n.
190». Anche questa disposizione era  corredata  da  una  clausola  di
salvaguardia dettata  specificamente  per  la  regione  Trentino-Alto
Adige e per le province autonome di Trento e di  Bolzano:  per  esse,
infatti, il quinto periodo del comma 680 sancisce che «l'applicazione
del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra
il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito  con
legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il  concorso  agli  obiettivi  di
finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413  dell'art.  1  della
medesima legge». Tuttavia, anche il quel caso, non era chiaro come la
disposizione del quarto periodo, che ancora espressamente menziona le
Province autonome, si coordinasse  con  il  quinto  periodo.  Percio'
anche in quel caso la Provincia  di  Trento  era  stata  costretta  a
ricorrere a codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
      b. L'impugnazione del comma 680 dell'art. 1 della legge n.  208
del 2015 e le sue vicende attuative. 
    La Provincia autonoma  aveva  quindi  impugnato  cautelativamente
innanzi a codesta ecc.ma Corte, con ricorso iscritto  al  n.  20/2016
R.R., il soprariportato comma 680, quarto periodo, per l'ipotesi  che
la menzione delle Province autonome in  essa  contenuta  non  dovesse
essere intesa come un mero difetto di coordinamento  con  il  quinto,
fermo restando che in ogni caso il quarto periodo non e'  applicabile
in contrasto con quanto disposto dal quinto periodo. 
    L'udienza pubblica per la discussione del ricorso e' fissata al 9
maggio 2017. 
    In attuazione dell'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015
lo Stato e le  Regioni,  nella  seduta  della  Conferenza  permanente
dell'11 febbraio 2016 (alla quale peraltro delle  autonomie  speciali
era presente la sola Regione Sardegna, come risulta dal verbale, doc.
3), hanno individuato nel Fondo  sanitario  nazionale  la  principale
posta su cui concentrare la riduzione di spesa relativa al contributo
quantificato dal comma 680 in 3.980 milioni di euro per il 2017 e  in
5.480 milioni di  euro  per  il  2018  e  il  2019.  E'  stata  cosi'
concordata la riduzione del Fondo sanitario di 3.500 milioni di  euro
per il 2017 e di 5.000 milioni di euro a decorrere dal  2018,  mentre
si sono rinviate a successive intese  le  determinazioni  inerenti  i
restanti 480 milioni di euro. L'intesa prevede poi  che  nel  termine
del successivo 15 marzo 2016 le Regioni  propongano  il  riparto  del
predetto contributo tra di esse;  in  difetto  di  intesa,  opera  un
automatismo in forza del quale il Fondo sanitario nazionale viene  in
ogni caso ridotto degli importi  oggetto  dell'intesa,  e  dunque  di
3.500 milioni di euro per il 2017 e 5.000 milioni di euro a decorrere
dal 2018.  Per  effetto  di  questa  riduzione  concordata  il  Fondo
sanitario e' rideterminato per l'esercizio 2017 in 113.063 milioni di
euro e per l'anno 2018 in 114.998 milioni di euro. 
    Sennonche' le rimanenti Regioni speciali e le Province  autonome,
che non avevano partecipato alla  predetta  intesa  dell'11  febbraio
2016, hanno immediatamente segnalato di aver proposto ricorso avverso
il comma 680 avanti la Corte costituzionale e di non poter aderire ad
alcun riparto che prevedesse un onere a proprio  carico.  Del  resto,
l'intesa raggiunta l'11 febbraio 2016  aveva  individuato  nel  Fondo
sanitario nazionale  l'oggetto  del  «taglio»  ed  e'  noto  che,  ad
eccezione della Regione siciliana, nessuna delle  restanti  autonomie
speciali partecipa alla ripartizione del predetto Fondo. 
    La stessa intesa, peraltro, prevede espressamente  che  la  parte
del contributo al risanamento  dei  conti  pubblici  a  carico  delle
Regioni  a  statuto  speciale  «viene  demandata  a  singoli  accordi
bilaterali tra il Governo e le singole Regioni a statuto speciale; in
caso di mancato accordo entro un termine ragionevole, la copertura di
3,5 miliardi di euro per il 2017 e di 5 miliardi di euro per il 2018,
si conseguira' con un maggior  contributo  delle  Regioni  a  statuto
ordinario». Ne' del resto la Conferenza avrebbe potuto disporre della
posizione delle autonomie speciali senza il loro assenso. 
    A seguito di cio', con nota  del  5  maggio  2016  (doc.  4),  il
Presidente della Conferenza  delle  Regioni  confermava  al  Ministro
delle Finanze che la riduzione di cui al comma 680 doveva  intendersi
posta a carico delle sole Regioni a statuto ordinario  e  (in  parte)
della Regione siciliana. 
      c. I commi 392 e 394 e la loro impugnazione. 
    E' in questo quadro che si inseriscono gli impugnati commi 392  e
394, i quali: 
      1. riducono il Fondo sanitario nazionale a 113.000  milioni  di
euro per il 2017, a 114.000 milioni di euro per il  2018,  a  115.000
milioni di euro  per  l'anno  2019,  e  dunque  in  misura  ulteriore
rispetto a quanto determinato con l'intesa in  Conferenza  permanente
Stato - Regioni e Province autonome dell'11  febbraio  2016  (113.063
per il 2017 e 114.998 per il 2018)  -  comma  392,  primo  e  secondo
periodo; 
    2. impongono alle Regioni speciali e alle  Province  autonome  di
concorrere a  tale  misura,  sostenendo  parte  di  tale  contributo,
determinato mediante intese bilaterali - comma 392, terzo periodo; 
    3. impongono alle Regioni speciali alle Province autonome, con  i
medesimi accordi di cui al comma 392, di assicurare il  contributo  a
loro carico previsto dall'intesa dell'11 febbraio 2016 - comma 394; 
    5. consentono al Ministero delle finanze di attuare  con  proprio
decreto l'intesa dell'11 febbraio  2016,  al  fine  di  garantire  il
conseguimento dell'obiettivo programmatico di finanza pubblica per il
settore sanitario - comma 394; 
    Ad avviso della ricorrente Provincia  tali  previsioni  sarebbero
costituzionalmente illegittime, ove  si  dovessero  interpretare  nel
senso di  imporre  anche  alle  Province  autonome  di  sostenere  il
contributo di cui al primo periodo, nonostante la precisa clausola di
salvaguardia di cui al quarto periodo (comma  392)  o  nel  senso  di
imporre anche alle Province autonome di assicurare  il  contributo  a
loro carico previsto dall'intesa conclusa in Conferenza permanente in
data 11 febbraio 2016. 
    Si noti che il timore di una simile interpretazione e' in  questo
caso rafforzato dalla circostanza che essa  sembra  stare  alla  base
della nota del 31 gennaio 2017 dal Ministro degli affari regionali al
Presidente della Provincia autonoma di Trento (doc. 5), con la  quale
si sottopone alla Provincia, per  la  sottoscrizione,  una  bozza  di
accordo relativo ai contributi di cui ai commi 392 e 394, nella quale
si richiedono il versamento all'entrata del bilancio dello  Stato  di
tali contributi entro il 30 aprile di ciascun  anno  (2017,  2018,  e
2019) e si dice che in assenza  di  tale  versamento  nel  termine  i
contributi sono trattenuti a valere sulle quote di  tributi  erariali
spettanti alle Province. 
      d.  Violazione  dell'accordo  del  15  ottobre  2014,  recepito
dall'art. 1,  commi  406-413,  della  legge  n.  190  del  2014,  con
violazione  del  principio  pattizio  e  di   leale   collaborazione.
Violazione dell'autonoma finanziaria della Provincia. 
    L'imposizione alla Provincia autonoma di un ulteriore  contributo
unilaterale  alla  manovra  di   finanza   pubblica,   correlato   al
finanziamento del fabbisogno sanitario, viola l'autonomia finanziaria
dell'ente, nei  termini  in  cui  essa  e'  garantita  dallo  statuto
speciale, e lede altresi' l'accordo concluso con lo Stato in data  15
ottobre 2014 e recepito dall'art. 1, commi da 406 a 413  della  legge
n. 190 del 2014, violando cosi' il principio di leale  collaborazione
(art. 120, secondo comma, Cost.) e il principio pattizio  (desumibile
sia dagli articoli 103 e 104 dello Statuto, sia  dall'art.  27  della
legge n. 42 del 2009) che regola i rapporti finanziari tra lo Stato e
la Provincia autonoma. 
    In particolare, e' chiaramente violato l'art. 79, comma 4,  dello
Statuto, che pone  una  clausola  di  esaustivita'  in  relazione  al
concorso della Provincia autonoma agli obblighi di finanza  pubblica,
sancendo che «nei confronti della regione e delle  province  e  degli
enti appartenenti al sistema  territoriale  regionale  integrato  non
sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi,  oneri,
accantonamenti, riserve all'erario o  concorsi  comunque  denominati,
ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno,  diversi
da quelli previsti dal presente titolo». 
    Violate sono altresi' le altre disposizioni  dell'art.  79  dello
Statuto, e in particolare i commi 1 e 2 e  i  commi  4-bis,  4-ter  e
4-quater, introdotti dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190  (legge  di
stabilita' 2015) in esecuzione  dell'accordo  con  lo  Stato  del  15
ottobre  2014,  che  gia'  hanno   precisamente   ed   esaustivamente
quantificato l'impegno finanziario della Provincia autonoma a  titolo
di concorso agli obblighi di finanza  pubblica  anche  per  gli  anni
considerati  dalla  misura  qui  impugnata,  e  che  possono   essere
modificate esclusivamente con la  procedura  prevista  dall'art.  104
dello Statuto. 
    La lesione di tali principi non e' esclusa per il fatto che  tale
contributo dovrebbe essere definito dalle singole Regioni speciali  e
dalle  Province  autonome  «mediante  la  sottoscrizione  di  singoli
accordi con lo Stato, da stipulare entro  il  31  gennaio  2017».  In
primo luogo infatti, come detto, gli  oneri  e  pesi  gravanti  sulla
finanza provinciale sono gia' stati definiti con l'accordo del 2014 e
trasfusi nell'art.  79  dello  Statuto  e  nelle  altre  disposizioni
concordate introdotte dai commi 407 ss. della legge n. 190 del  2014,
sicche' ogni ulteriore richiesta  e'  comunque  in  violazione  delle
regole stabilite. In secondo luogo i presunti  singoli  accordi  sono
caratterizzati da diversi elementi che  li  rendono  costrittivi:  la
misura complessiva del concorso delle autonomie speciali che lo Stato
richiede aggiuntivamente e' gia' definita unilateralmente dalla legge
statale; la conclusioni di tali accordi e' obbligata e  dovuta  entro
un termine molto stretto (31 gennaio 2017); il Ministro dell'economia
e delle finanze, di concerto con  il  Ministro  della  salute,  attua
comunque,  entro  30  giorni  decorrenti  dal  predetto  termine,  la
riduzione prevista per gli anni  2017  e  successivi  (il  comma  394
specifica  che  il  Ministro   procede   «all'esito   degli   accordi
sottoscritti», ma la formulazione della norma non sembra  sufficiente
ad escludere che il Ministro possa procedere in assenza di  accordo).
Sicche', in conclusione,  la  complessiva  disciplina  non  puo'  che
costituire una violazione dell'accordo concluso con lo  Stato  il  15
ottobre 2014, recepito dall'art. 1, commi da 406 a 413 della legge n.
190  del  2014,  approvati  ai  sensi  dell'art.  104  dello  statuto
speciale.  Infatti,  nel  «Accordo  tra  il   Governo,   la   Regione
Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano  in
materia di finanza» firmato il  15  ottobre  2014  sono  precisamente
quantificati i saldi a carico della Provincia autonoma, ne' ricorrono
le eccezionali esigenze di finanza pubblica che  ne  consentirebbero,
entro certi limiti, una variazione unilaterale. 
    In spregio agli obblighi assunti con tale accordo - e quindi  sia
in violazione delle norme dello Statuto  che  prescrivono  il  metodo
pattizio per la modifica dei rapporti  finanziari  con  la  Provincia
(articoli 104 e 107 dello Statuto) e dell'art. 27 della legge  n,  42
del  2009,  che  tale  principio   ribadisce;   sia   in   violazione
dell'imperativo costituzionale di leale collaborazione - lo Stato (se
cosi'   dovesse   essere   intesa   la   normativa   qui   impugnata)
rideterminerebbe il contributo della Provincia autonoma alla  finanza
pubblica, imponendole di trasferire allo  Stato  fondi  «equivalenti»
alla riduzione  del  fondo  sanitario  nazionale  concordata  con  le
Regioni a statuto ordinario, per una quota virtualmente imputata alla
Provincia autonoma ricorrente. 
    Ulteriormente e specificamente illegittimo, sempre per violazione
del  principio  di  leale  collaborazione  e  delle  regole   dettate
dall'art. 120,  secondo  comma,  Cost.,  sarebbe  il  comma  394,  se
interpretato nel senso di una attribuzione al Ministro delle finanze,
di concerto con il Ministro della salute, del potere  unilaterale  di
imporre alla Provincia i contributi di cui si e' discorso, decorso il
termine del 31 gennaio 2017, anche in assenza di accordo. 
      e. Irragionevolezza - Violazione art. 3 Cost. 
    Il concorso della Provincia ora  descritto  risulterebbe  inoltre
costituzionalmente illegittimo  per  irragionevolezza  e  quindi  per
contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.  Infatti  il  concorso  e'
fondato e parametrato  sulla  riduzione  di  un  Fondo  al  quale  la
Provincia non partecipa da molti anni, dal momento che essa  finanzia
integralmente il proprio sistema sanitario  ai  sensi  dell'art.  34,
comma 3, comma 23 dicembre 1994,  n.  724,  «senza  alcun  apporto  a
carico del  bilancio  dello  Stato»  come  riconosciuto  anche  dalla
giurisprudenza di codesta Corte (sentenze n. 341 del 2001, n. 133 del
2010 e, da ultimo, n. 125 del 2015). 
    In sostanza, il legislatore, avendo diminuito  il  fabbisogno  di
spesa sanitaria nazionale, da  un  lato  riduce  i  trasferimenti  in
favore alle Regioni  a  statuto  ordinario,  dall'altro  chiede  alla
Provincia autonoma la restituzione di parte  delle  compartecipazioni
che la stessa Provincia introiterebbe - secondo lo Stato - in eccesso
rispetto al fabbisogno del sistema sanitario regionale. 
    Ma il sistema non puo' funzionare cosi': se la Provincia finanzia
il sistema sanitario «a  proprio  rischio»  con  le  proprie  entrate
fiscali generali, non e' certo  perche'  si  computi  poi  una  quota
ideale di un finanziamento statale che non c'e',  al  solo  scopo  di
poterlo sottrarre alla Provincia. L'operazione e' dunque fin dal  suo
concetto violativa dei principi di  base  dell'autonomia  finanziaria
della Provincia, che vietano di «settorializzare» le sue entrate. 
    Inoltre, mentre per le Regioni a statuto ordinario  la  copertura
del fabbisogno sanitario, assicurata da trasferimenti dello Stato, e'
comunque oggetto di verifica, per le Regioni speciali e  le  Province
autonome, che finanziano il proprio fabbisogno di spesa  con  risorse
del proprio bilancio, la copertura della spesa sanitaria regionale  o
provinciale e' meramente teorica ed anzi presunta,  non  essendo  per
nulla accertato - e tantomeno in accordo, come  invece  prescrive  il
metodo pattizio -  l'andamento  delle  compartecipazioni  ai  tributi
erariali   in   relazione   all'andamento   della   spesa   sanitaria
programmata, potendo le  prime  crescere  in  misure  inferiore  alla
seconda. 
    Anche sotto questo aspetto la norma e'  dunque  irragionevole,  e
tale vizio si riflette sulle competenze legislative ed amministrative
che la Provincia autonoma  esercita  in  materia  di  «organizzazione
degli uffici e proprio personale» (artt. 8, n. 1, e 16 dello Statuto)
«igiene  e   sanita',   ivi   compresa   l'assistenza   sanitaria   e
ospedaliera», ai sensi dell'art.  9,  n.  10  e  dell'art.  16  dello
Statuto (o se ritenuto piu' favorevole, in materia  di  tutela  della
salute, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  in  combinazione
con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). 
f.  In  subordine.  Illegittimita'  del  comma  392,  primo  periodo.
Violazione del principio della  leale  collaborazione,  in  relazione
alla  intesa  in  Conferenza  permanente  dell'11  febbraio  2016,  e
dell'art. 3 Cost. 
    Il comma 392  riduce  il  Fondo  sanitario  nazionale  in  misura
ulteriore rispetto a quanto determinato con l'intesa dell'11 febbraio
2016, con una differenza pari a 63 milioni di euro per il 2017  e  di
998 milioni euro per il 2018  (primo  periodo),  violando  quindi  il
principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.)  e
lo stesso principio  di  ragionevolezza  e  di  eguaglianza  (art.  3
Cost.). 
    Per quanto la  Provincia  ricorrente  non  abbia  sottoscritto  o
concorso alla predetta intesa, essa ha comunque interesse  a  che  lo
Stato non aumenti il contributo di parte regionale rispetto a  quanto
concordato in Conferenza, visto che  una  quota  di  tale  differenza
sarebbe posta (nella denegata ipotesi che  la  norma  dovesse  essere
cosi'  interpretata,  e  che  cosi'   interpretata   fosse   ritenuta
legittima) posta a carico della Provincia stessa. 
    Se poi la  disposizione  fosse  intesa  nel  senso  che  l'intera
differenza («gli effetti finanziari previsti dal presente comma»)  e'
posta a carico delle sole Regioni a statuto speciale e delle Province
autonome,   palese   sarebbe   anche    l'irragionevolezza    e    la
discriminatorieta' (con violazione dell'art. 3 Cost. sotto entrambi i
profili) di una norma che  non  solo  chiama  tali  enti  a  concorre
secondo quanto sancito dall'intesa dell'11 febbraio 2016 (quando essi
non dovrebbero, non partecipando al FSN), ma in aggiunta accolla loro
l'ulteriore misura di concorso. 
    Pertanto,   subordinatamente   all'accoglimento   delle   censure
descritte ai punti precedenti, che avrebbero l'effetto  di  escludere
la Provincia autonoma dalle misure previste nei commi 392 e  394,  la
ricorrente chiede che sia dichiarato  costituzionalmente  illegittimo
l'art. 1, comma 392, nella  parte  in  cui  riduce  ulteriormente  il
finanziamento del Fondo sanitario. 
    Per prevenire possibili obiezioni si osserva ancora che la misura
di concorso qui impugnata non puo' essere giustificata, nei confronti
della Provincia ricorrente, con la competenza concorrente dello Stato
in materia di coordinamento della finanza pubblica, giacche', come si
e' ricordato sopra, il sistema sanitario provinciale e' integralmente
finanziato dalla Provincia  autonoma  e,  secondo  l'insegnamento  di
codesta Corte, quando lo Stato non concorre  al  finanziamento  della
spesa  sanitaria,  «neppure  ha   titolo   per   dettare   norme   di
coordinamento finanziario» (sentenza n.  125  del  2015,  ed  ivi  il
richiamo ad ulteriori precedenti). 
    Il contributo non e'  costituzionalmente  giustificabile  nemmeno
come forma di concorso al miglioramento dei saldi di finanza pubblica
del conto consolidato  della  pubblica  amministrazione,  nel  quadro
degli  obblighi  che  derivano   dalla   partecipazione   dell'Italia
all'Unione europea. 
    Infatti,  a   tali   obblighi   gli   enti   territoriali   fanno
ordinariamente  fronte  attraverso  l'osservanza  delle  regole   sul
pareggio di bilancio stabilite dall'art. 9 della  legge  n.  243  del
2012, in attuazione degli artt. 81 e 97 Cost. E se  e'  vero  che  la
legge statale, ai sensi dell'art. 9, comma 5, della stessa  legge  n.
243 del 2012 puo' prevedere ulteriori obblighi a  carico  degli  enti
degli enti territoriali, sulla base  di  criteri  analoghi  a  quelli
previsti per le amministrazioni statali e tenendo conto di  parametri
di virtuosita', e' tuttavia anche vero che tali disposizioni  -  come
precisa il comma 6 - «si applicano alle regioni a statuto speciale  e
alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con  le
norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di  attuazione»:
ora, tale compatibilita', come si  e'  esposto  sopra,  difetta,  sia
sotto il profilo del metodo, sia con riferimento al contenuto. 
II. Illegittimita' costituzionale del comma 466, quarto periodo. 
    Il comma 466 detta norme sull'equilibrio di  bilancio,  che  sono
applicabili anche alle regioni speciali e alle Province  autonome  ai
sensi dell'art. 1, comma 465, della stessa legge  n.  232  del  2016.
Tali norme sono in parte riproduttive dell'art. 9, commi 1  e  1-bis,
della legge n. 243 del 2012, come modificato dall'art. 1 della  legge
n. 164 del 2016. 
    Il primo periodo, infatti,  definisce  l'equilibrio  di  bilancio
come «saldo non negativo, in termini di competenza,  tra  le  entrate
finali e le spese finali»  (primo  periodo),  e  il  secondo  periodo
specifica quali sono le entrate finali («quelle ascrivibili ai titoli
1, 2, 3, 4  e  5  dello  schema  di  bilancio  previsto  dal  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n.  118»)  e  le  spese  finali  («quelle
ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio»). 
    I  due  periodi  successivi  del  comma   riguardano   il   fondo
pluriennale vincolato. Il terzo periodo stabilisce che «per gli  anni
2017-2019,  nelle  entrate  e  nelle  spese  finali  in  termini   di
competenza e' considerato il fondo pluriennale vincolato, di  entrata
e  di  spesa,  al  netto   della   quota   riveniente   dal   ricorso
all'indebitamento».  Il  quarto  periodo  prevede  che  «a  decorrere
dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali e'  incluso  il
fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa,  finanziato  dalle
entrate, finali». 
    La disposizione qui impugnata e' il quarto periodo del comma 466,
che a decorrere dall'esercizio 2020 pone dunque limiti alla rilevanza
dell'avanzo  di  bilancio  se  utilizzato  per  finanziare  il  fondo
pluriennale vincolato, consentendo cioe' il computo di tale fondo  ai
fini dell'equilibrio di bilancio solo se questo sia stato  finanziato
tramite le entrate finali (e quindi, ad esempio, non con l'avanzo  di
amministrazione autorizzato ai sensi del comma 502 dello stesso  art.
1  della  legge  n.  232  del   2016   o   mediante   operazioni   di
indebitamento). Oggetto della presente contestazione e' appunto  tale
limitazione. 
    Giova rammentare che il fondo pluriennale vincolato e' una  posta
di  bilancio  introdotta  in  esecuzione  dei  principi  statali   di
armonizzazione dei bilanci pubblici dettati dal  decreto  legislativo
n. 118 del 2011. Il fondo e' costituito da risorse gia'  accertate  e
gia' impegnate in esercizi precedenti, ma destinate al  finanziamento
di obbligazioni  passive  dell'ente  che  diventeranno  esigibili  in
esercizi successivi a quello in cui e' accertata l'entrata. Il  fondo
pluriennale vincolato  rappresenta  dunque  un  saldo  finanziario  a
garanzia della copertura di spese imputate ad esercizi  successivi  a
quello in corso e configura lo strumento tecnico per  ricollocare  su
tali esercizi spese gia' impegnate, relativamente alle quali sussiste
un'obbligazione giuridicamente perfezionata, e quindi un  vincolo  ad
effettuare i relativi pagamenti  i  quali,  tuttavia,  giungeranno  a
scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate le  spese.  Tale
reimputazione risulta obbligatoria ai sensi del  decreto  legislativo
n. 118 del 2011. 
    Trattandosi di spese gia' impegnate su esercizi precedenti,  esse
risultano finanziariamente gia' coperte con entrate di tali esercizi.
Proprio per  questo,  le  regole  dell'armonizzazione  prevedono  che
l'operazione di reimputazione  delle  spese  sia  accompagnata  dalla
reimputazione delle relative entrate sui medesimi esercizi finanziari
attraverso il fondo pluriennale, alimentato con le risorse degli anni
in cui erano state impegnate le spese. 
    Con riferimento al  fondo  pluriennale  vincolato,  la  legge  28
dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita' 2016), ne  aveva  previsto
la considerazione limitatamente all'anno 2016 ai fini dell'equilibrio
di bilancio (art. 1, comma 711,  secondo  periodo),  con  conseguente
esclusione per gli anni successivi. 
    La legge n. 164 del 2016 ha consentito anche per il triennio 2017
-  2019  l'inclusione  del  fondo  pluriennale  vincolato   ai   fini
dell'equilibrio di bilancio, subordinando pero' questa eventualita' a
successive previsioni della legge di bilancio  e  comunque  alla  sua
compatibilita' con gli obiettivi di finanza pubblica. 
    Tali limitazioni erano gia' state oggetto di contestazione avanti
a codesta Corte da parte della  Provincia  autonoma,  rispettivamente
con ricorso n. 20 del 2016 R.R.,  per  il  qual  e'  fissata  udienza
pubblica al 9 maggio 2017, e con ricorso n. 69 del 2016 R.R. 
    L'art. 1, comma 466, terzo periodo, della legge di bilancio 2017,
consente ora  di  considerare  il  fondo  pluriennale  vincolato,  di
entrata e di spesa, al  netto  della  quota  riveniente  dal  ricorso
all'indebitamento per il triennio 2017-2019 e  per  questa  parte  la
disposizione non e' oggetto di impugnazione. 
    Come detto, si censura invece qui la previsione per cui a partire
dall'esercizio 2020 l'inclusione del fondo pluriennale vincolato  tra
le entrate e le spese finali e' consentita solo nella  parte  in  cui
esso e' finanziato con le entrate  finali,  con  esclusione,  quindi,
della  possibilita'  di  considerare  il   fondo   stesso   ai   fini
dell'equilibrio di bilancio se esso sia stato finanziato con  entrate
diverse  da  quelle  classificate  come  «finali»,  quali  quelle  da
operazioni di indebitamento o tramite l'avanzo  di  esercizio,  quale
quello a suo tempo autorizzato. 
    Questa limitazione dell'attitudine dell'avanzo della Provincia ad
essere valorizzato in tutti i suoi possibili impieghi contabili, e in
particolare  ai  fini  del  finanziamento   del   fondo   pluriennale
vincolato, importa violazione sotto  diversi  profili  dell'autonomia
finanziaria della Provincia garantita nel  Titolo  VI  dello  Statuto
speciale e nell'art. 119 Cost., combinato con l'art. 10  della  legge
cost. n. 3 del 2001, in  quanto  una  componente  patrimoniale  della
Regione   viene   indebitamente   «sterilizzata»,   con   riferimento
all'equilibrio di bilancio: e  cio'  in  assenza  di  ogni  forma  di
accordo  con  la  Provincia,  e  dunque  in  violazione  della  leale
collaborazione e del metodo pattizio. La limitazione  appare  inoltre
illegittima anche in  relazione  ad  altri  parametri  costituzionali
(art. 3 e art. 97, secondo comma, Cost.). 
    Quanto alla violazione della autonomia finanziaria, il meccanismo
contabile  sopra  descritto  determina  una  limitazione  all'uso  di
risorse della Provincia, risorse che gli articoli 70 e seguenti dello
statuto speciale assegnano all'Ente, senza vincolo  di  destinazione,
per il finanziamento delle funzioni che  la  Provincia  esercita.  La
autonomia  finanziaria  di  entrata  e   di   spesa,   peraltro,   e'
espressamente riconosciuta dall'art. 119,  primo  comma,  Cost.,  per
tutte le Regioni e quindi tale garanzia, nelle  parti  in  cui  debba
essere riconosciuta piu' favorevole, e' estesa anche  alla  Provincia
autonoma dall'art. 10  della  legge  cost.  n.  3  del  2001.  Questa
autonomia e' completata dalla autonomia  di  bilancio,  espressamente
tutelata dagli articoli 83 ed 84 dello Statuto speciale. 
    Va  altresi'  rammentato   che   le   limitazioni   all'autonomia
finanziaria  delle  Province  autonome  sono  individuate   in   modo
esaustivo nella clausola di garanzia dettata dall'art. 79,  comma  4,
dello Statuto, il quale sancisce che «nei confronti della  regione  e
delle province e degli  enti  appartenenti  al  sistema  territoriale
regionale integrato non sono  applicabili  disposizioni  statali  che
prevedono  obblighi,  oneri,  accantonamenti,  riserve  all'erario  o
concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti  il  patto
di stabilita'  interno,  diversi  da  quelli  previsti  dal  presente
titolo». 
    Il che  esclude  in  radice  che  in  relazione  alla  ricorrente
Provincia le limitazioni alla computabilita'  del  fondo  pluriennale
vincolato possano essere giustificate  in  quanto  misura  funzionale
alla generale  sostenibilita'  del  debito  pubblico  e  quindi  come
contributo agli obiettivi di finanza pubblica. 
    Se si considera poi che le disposizioni sopra invocate sono state
approvate con il procedimento negoziato di  cui  all'art.  104  dello
Statuto speciale, la deroga ad esse da parte di una legge statale non
preceduta da un accordo con la Provincia  autonoma  o  non  approvata
nelle forme costituzionali prescritte  dall'art.  103  dello  Statuto
importa violazione, oltre che delle citate  disposizioni,  anche  del
principio pattizio codificato negli art. 104 e 107  dello  Statuto  e
ribadito dall'art. 27  della  legge  n.  42  del  2009,  nonche'  del
principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.). 
    La lesione del principio dell'accordo sussiste anche sotto  altro
profilo, in considerazione dell'effetto materialmente sottrattivo  di
risorse prodotto dalla regola  contabile  che  qui  si  contesta,  la
quale, ai fini del pareggio di bilancio,  costringe  la  Provincia  a
reperire aliunde - e non nel proprio  avanzo  -  le  risorse  per  la
copertura del fondo pluriennale vincolato. 
    Tale effetto, inoltre, e' irragionevole e contrario  ai  principi
di buon andamento dell'amministrazione sanciti dall'art. 97,  secondo
comma, Cost., dal momento  che  risorse  disponibili  (l'avanzo)  non
possono essere  utilizzate  e  mentre  altre  risorse  devono  essere
distolte dai loro possibili usi ai soli fini di dare copertura ad una
spesa pluriennale che bene potrebbe  finanziata  con  l'avanzo  degli
esercizi precedenti. 
    Se  poi  si  pensa  che  l'introduzione  del  fondo   pluriennale
vincolato e' imposta dalla  legislazione  statale  di  armonizzazione
della finanza pubblica, la sua limitata computabilita'  ai  fini  del
pareggio, se finanziato con l'avanzo di bilancio, e' lesiva anche del
principio costituzionale di leale collaborazione,  in  quanto  regole
contabili vengono imposte ad un certo fine (la  programmazione  della
spesa) e poi piegate ad altro scopo (rendere indisponibili risorse). 
    L'irragionevolezza  della  regola  qui  contestata  si   riflette
negativamente sull'esercizio delle competenze legislative esclusive e
concorrenti e delle  corrispettive  competenze  amministrative  della
Provincia, che tipicamente comportano  programmazione  di  spesa.  Si
menzionano, tra  le  molte,  le  competenze  primarie  relative  alla
edilizia pubblica; alla viabilita', acquedotti e lavori  pubblici  di
interesse provinciale; alla assunzione diretta di servizi pubblici  e
loro gestione a mezzo di aziende speciali; alla  edilizia  scolastica
(art. 8, nn. 10, 17, 19, 22, 28,  e  art.  16  dello  Statuto)  e  le
competenze concorrenti relative alla sanita' («igiene e sanita',  ivi
compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera», ai sensi dell'art. 8,
n. 10, e dell'art. 16 dello Statuto o «tutela della salute», ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost. insieme con l'art. 10  legge  cost.
n. 3 del 2001). 
III. Illegittimita'  costituzionale  del  comma  475,  lettera  a)  e
lettera b), nella parte in cui si riferiscono alla Provincia Autonoma
di Trento  e  ai  suoi  enti  locali.  In  subordine,  illegittimita'
costituzionale del comma 479, lettera  a)  e  del  comma  483,  primo
periodo, nella parte in cui esclude l'applicazione di tale comma. 
    L'art. 1, comma 483, della legge n. 232 del 2016 afferma in  modo
chiaro e specifico che  «per  le  regioni  Friuli  Venezia  Giulia  e
Trentino-Alto Adige, nonche' per le province autonome di Trento e  di
Bolzano, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 475  e  479
del presente articolo e  resta  ferma  la  disciplina  del  patto  di
stabilita' interno recata dall'art. 1, commi 454  e  seguenti,  della
legge  24  dicembre  2012,  n.  228,  come  attuata   dagli   accordi
sottoscritti con lo Stato» (enfasi aggiunta). 
    Se nulla fosse da aggiungere, ne' il comma 483 ne', ovviamente, i
«non applicabili» commi  475  e  479  costituirebbero  oggetto  della
presente impugnazione. 
    E' da aggiungere invece che, in modo del  tutto  contraddittorio,
il  comma  475,  relativo  alle  sanzioni  per  il  mancato  rispetto
dell'equilibrio  di  bilancio,  contiene,  alle  lettere  a)  e   b),
riferimenti espliciti alle autonomie speciali, e in particolare  alle
Province autonome. 
    La ricorrente Provincia ritiene che tali riferimenti  siano  meri
residui di  precedenti  versioni  delle  disposizioni.  Tali  residui
avrebbero dovuto essere eliminati con l'inserimento del comma 483, il
quale - in coerenza con quanto concordato con lo Stato e trasfuso nel
2014 (con la legge n. 190 dello stesso anno) nel nuovo art. 79  dello
Statuto,  che  disciplina  in  modo  compiuto  anche  gli  oneri   di
partecipazione delle  province  autonome  al  sistema  della  finanza
statale -  sanciva  l'estraneita'  delle  autonomie  del  Trentino  e
dell'Alto Adige/Südtirol al sistema  di  premi  e  sanzioni  previsto
dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012. 
    La Provincia autonoma di Trento chiede dunque  a  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale di voler sancire, nella contraddittorieta' delle
disposizioni, la prevalenza e  la  vigenza  del  comma  483,  che  ne
esplicita l'esclusione da tale sistema (con prosecuzione  del  regime
della legge n. 228 del 2012). 
    Ove invece, in denegata  ipotesi,  si  dovesse  ritenere  che  il
contrasto  di  disposizioni  vada  risolto  considerando  operanti  i
riferimenti alla Provincia di Trento e ai suo enti  locali  contenuti
nel comma 475, lett. a) e b), la ricorrente Provincia ne contesta  la
legittimita' costituzionale. 
    Solo in estremo subordine, ove si ritenesse che  le  disposizioni
del comma 475 riguardanti la Provincia di  Trento  non  solo  fossero
operanti   ma   dovessero   altresi'   considerarsi   conformi   alla
Costituzione e allo Statuto di autonomia, la Provincia si  troverebbe
allora costretta a constatare l'iniquita' e l'irragionevolezza di  un
sistema che la costringerebbe a subire il regime sanzionatorio di cui
al comma 475, persino senza partecipare al regime premiale di cui  al
comma 479. 
III.1. Illegittimita' costituzionale del comma 475, lettera a), nella
parte in cui disciplina direttamente e in modo vincolante i  rapporti
finanziari degli enti locali con la Provincia. 
    La lett. a) del comma 475 dell'art. l della legge n. 232 del 2016
dispone come segue: 
      «ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24  dicembre  2012,
n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di  cui  al  comma
466 del presente articolo: a) l'ente locale e'  assoggettato  ad  una
riduzione del fondo sperimentale  di  riequilibrio  o  del  fondo  di
solidarieta' comunale in misura pari all'importo corrispondente  allo
scostamento registrato. [...] Gli enti locali  delle  regioni  Friuli
Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento  e
di Bolzano sono  assoggettati  ad  una  riduzione  dei  trasferimenti
correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura
pari  all'importo  corrispondente  allo  scostamento  registrato.  Le
riduzioni di cui ai precedenti periodi assicurano il recupero di  cui
all'art. 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012,  n.  243,  e  sono
applicate nel triennio successivo a quello di inadempienza  in  quote
costanti. In caso di incapienza, per uno o piu' anni del triennio  di
riferimento, gli enti locali sono tenuti a  versare  all'entrata  del
bilancio dello Stato le somme  residue  di  ciascuna  quota  annuale,
entro l'anno di competenza delle medesime quote, presso la competente
sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al capo X  dell'entrata
del bilancio dello Stato, al  capitolo  3509,  art.  2.  In  caso  di
mancato versamento delle predette somme residue nell'anno successivo,
il recupero e' operato con le procedure di cui ai  commi  128  e  129
dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228». 
    La nuova disposizione peraltro precisa, rispetto alla  legge  228
del 2012, che dette riduzioni dei trasferimenti - applicate nel corso
del triennio successivo al saldo  negativo  -  sono  teleologicamente
orientate alle finalita' enunciate dall'art. 9, comma 2, legge n. 243
del 2012. Questa, a sua volta,  prevede  che  «qualora,  in  sede  di
rendiconto di gestione, un ente  di  cui  al  comma  1  del  presente
articolo [comuni, province, citta' metropolitane e province  autonome
di Trento e di Bolzano] registri un valore negativo del saldo di  cui
al medesimo comma 1, il predetto ente  adotta  misure  di  correzione
tali da assicurarne il recupero  entro  il  triennio  successivo,  in
quote costanti». Ma questa pretesa, e per vero alquanto  surrettizia,
finalita'   «correttiva»,   non   altera   la   sostanza    meramente
sanzionatoria del meccanismo cosi' istituito. 
    Per quanto di  interesse  della  Provincia  Autonoma  di  Trento,
pertanto, la lett. a) prevede che gli enti locali ricadenti  nel  suo
territorio siano privati dei  trasferimenti  correnti  erogati  dalla
Provincia medesima in  misura  parti  all'importo  dello  scostamento
(saldo negativo). 
    La disposizione e' pressoche' identica a quella di  cui  all'art.
1, comma 723, legge n. 208 del 2015 (legge di stabilita'  per  l'anno
2016, il cui comma 723 e' stato impugnato davanti  a  codesta  Ecc.ma
Corte, con udienza fissata per il 9  maggio  2017),  e  presenta  gli
stessi vizi: sempre, naturalmente, nella denegata  ipotesi  che  esso
debba considerarsi applicabile alla ricorrente Provincia,  nonostante
l'esclusione disposta dal comma 483. 
    Ove tale disposizione fosse applicabile,  si  tratterebbe  di  un
mero «trasferimento» di un meccanismo sanzionatorio previsto  per  la
generalita' dei comuni ai comuni  della  ricorrente  Provincia,  solo
adattandolo alla circostanza che e'  dalla  Provincia  che  i  comuni
ricevono parte delle proprie risorse, senza tenere alcun conto  delle
specifiche responsabilita' e competenze della Provincia  nel  governo
del sistema locale (fondate sugli articoli 79, 80 e 81 dello  Statuto
di autonomia, in particolare in materia di finanza locale) ne'  delle
regole proprie del rapporto tra fonti  statali  e  fonti  provinciali
nelle materie  di  competenza  provinciale,  poste  dall'art.  2  del
decreto legislativo n. 266 del 1992. 
    Ne' si  puo'  dire  che  la  competenza  statale  prevista  -  in
collegamento con quella in materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica - dall'art. 9, comma 2, della  legge  n.  243  del  2012,  o
comunque dall'art. 9, comma 4, legge n.  243  del  2012,  giustifichi
tale meccanico  trasferimento,  essendo  evidente,  ad  avviso  della
ricorrente Provincia, che tale competenza generale va esercitata  nel
rispetto delle regole speciali  poste  per  la  ricorrente  Provincia
dallo statuto di autonomia e dalle sue norme di attuazione. 
    Secondo l'art. 80, comma 1, dello  Statuto,  «le  province  hanno
competenza legislativa in materia di  finanza  locale».  Il  comma  4
specifica che tale competenza «e' esercitata nel rispetto dell'art. 4
e dei vincoli derivanti  dall'ordinamento  dell'Unione  europea».  In
altre  parole,  si  tratta  di  una  potesta'  legislativa  di  rango
primario. 
    Alla competenza legislativa primaria in  questa  materia  -  gia'
parzialmente anticipata dagli articoli 17, 18 e  19  delle  norme  di
attuazione (decreto  legislativo  n.  268  del  1992)  -  del  resto,
corrisponde una complessiva responsabilita' della Provincia  autonoma
per  la  finanza  locale,  nei  termini  descritti  dall'art.  79   e
completati dall'art. 81 dello stesso Statuto. 
    Cosi', l'art. 79, comma 3, dispone che «le province provvedono al
coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli
enti locali», e che «al fine di conseguire gli obiettivi  in  termini
di saldo netto da finanziare previsti in capo  alla  regione  e  alle
province  ai  sensi  del  presente  articolo,  spetta  alle  province
definire i concorsi e gli  obblighi  nei  confronti  degli  enti  del
sistema   territoriale   integrato   di    rispettiva    competenza»;
corrispondentemente, le province «vigilano sul  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al  presente
comma e, ai fini del monitoraggio  dei  saldi  di  finanza  pubblica,
comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze  gli  obiettivi
fissati e i risultati conseguiti». 
    Sia  consentito  di   ricordare   che,   in   base   a   costante
giurisprudenza  costituzionale,  alla   competenza   nella   materia,
inclusiva della vigilanza, corrisponde la competenza  in  materia  di
sanzioni per la mancata osservanza delle regole. 
    A completamento e chiusura del sistema, il comma 4  dell'art.  79
stabilisce che nei confronti  «degli  enti  appartenenti  al  sistema
territoriale regionale integrato non  sono  applicabili  disposizioni
statali  che  prevedono  obblighi,  oneri,  accantonamenti,   riserve
all'erario  o  concorsi  comunque  denominati,  ivi  inclusi   quelli
afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli  previsti
dal presente titolo», e che «le province provvedono, per  se'  e  per
gli enti del sistema territoriale regionale integrato  di  rispettiva
competenza, alle finalita' di coordinamento  della  finanza  pubblica
contenute  in  specifiche  disposizioni  legislative   dello   Stato,
adeguando, ai sensi dell'art. 2  del  decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 266, la propria legislazione ai principi costituenti  limiti
ai sensi degli articoli  4  o  5,  nelle  materie  individuate  dallo
Statuto». 
    Quanto ai rapporti tra fonti statali e fonti provinciali,  l'art.
2  del  decreto  legislativo  n.  266   del   1992   e'   chiarissimo
nell'escludere un potere statale di immediata  e  diretta  disciplina
nelle  materie  di  competenza  provinciale,  spettando  invece  alla
Provincia, come appena ricordato,  un  potere-dovere  di  adeguamento
della normativa, in quanto questo sia dovuto (mentre allo Stato,  per
converso, spetta un compito di vigilanza, accompagnato da  un  potere
di impugnazione delle disposizioni non adeguate  davanti  alla  Corte
costituzionale). 
    Guardando il sistema statutario nel suo  complesso  risulta  che,
per quanto riguarda la regolazione della finanza locale, l'intento e'
quello di individuare nelle Province di Trento e di Bolzano i vertici
del sistema locale, e lo snodo obbligato  con  il  sistema  normativo
dello Stato. 
    Sembra evidente che la disposizione qui impugnata del comma  475,
lett. a), contraddice l'assetto ora esposto. 
    La   disposizione   da   un   lato   ignora   completamente    la
responsabilita' e i poteri  della  Provincia,  in  contrasto  con  le
regole dell'art. 79, sopra citate, dall'altro disciplina direttamente
la  materia,  in  contrasto  altresi'  con  l'art.  2   del   decreto
legislativo n. 266 del 1992, stabilendo che ogni ente locale che  non
rispetti il vincolo del saldo non negativo subisca una corrispondente
decurtazione del trasferimento provinciale per la parte corrente. 
    Ferma  la  responsabilita'  della  Provincia   per   l'equilibrio
complessivo del sistema provinciale, le  regole  statutarie  e  delle
norme di attuazione sopra citate assegnano  ad  essa  il  compito  di
disciplinare autonomamente le conseguenze - all'interno  del  sistema
provinciale - del  mancato  rispetto  del  principio  del  saldo  non
negativo da parte degli enti locali  la  cui  azione  essa  regola  e
finanzia. 
    Di qui l'illegittimita' della disposizione impugnata, sempre  ove
applicabile alla ricorrente Provincia. 
    Merita di essere richiamato un  ulteriore  aspetto.  Si  e'  gia'
notato che la disposizione di cui all'art. 1, comma 475, legge n. 232
del 2016 e' pressoche' identica a quella di  cui  all'art.  1,  comma
723, legge n. 208 del 2015, nella quale tuttavia non era contenuto il
riferimento, ora presente, all'art. 9, comma  2,  legge  n.  243  del
2012. 
    L'aggiunta operata nella legge sul bilancio di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2017,  tuttavia,  rende  la  disciplina
ancor  piu'  incoerente,  facendola  divenire   (almeno   nella   sua
ipotizzata  applicazione  ai  comuni  della   ricorrente   Provincia)
irragionevole anche rispetto alle finalita' di cui all'art. 9,  comma
2, legge n. 243 del 2012. 
    L'intento di tali  misure,  infatti,  e'  di  far  si'  che,  nel
triennio successivo al saldo negativo dell'ente locale, sia possibile
ritornare a un bilancio in pareggio tramite degli interventi  mirati,
che  siano  evidentemente  orientati  al  risanamento  delle  finanze
locali. 
    A questo fine non puo' certo  servire  una  misura  sanzionatoria
meccanicamente e  uniformemente  applicata,  senza  alcuna  possibile
differenziazione in  relazione  alle  cause  dello  squilibrio  e  ai
possibili rimedi, la quale invece rischia di peggiorare sensibilmente
la situazione dell'ente, privandolo di risorse di cui precedentemente
disponeva. 
    Ammesso che una simile meccanica  sanzione  sia  inevitabile  nei
rapporti tra lo Stato e  le  migliaia  di  comuni  che  ne  dipendono
finanziariamente, essa non puo' essere adatta ad un sistema nel quale
la Provincia autonoma di Trento  ha  la  possibilita'  e  il  compito
statutariamente assegnato di condurre l'intero sistema ad un  assetto
finanziario sostenibile mediante misure specificamente adattate  alle
singole situazioni locali. 
III.2. Illegittimita' costituzionale del comma 475, lettera b), nella
parte in cui introduce sanzioni a carico della Provincia rispetto  al
sistema di pareggio di bilancio. 
    La lett. b) del comma 475 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016
dispone come segue: 
      «ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24  dicembre  2012,
n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di  cui  al  comma
466 del presente  articolo:  [...]  b)  nel  triennio  successivo  la
regione o la provincia autonoma e' tenuta ad effettuare un versamento
all'entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a  un
terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero  di  cui
all'art. 9, comma 2,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243.  Il
versamento e' effettuato entro il  31  maggio  di  ciascun  anno  del
triennio successivo a quello di  inadempienza.  In  caso  di  mancato
versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle
giacenze depositate a qualsiasi titolo nei  conti  aperti  presso  la
tesoreria statale». 
    Anche  in  relazione  a  tale  disposizione  va  in  primo  luogo
ricordato  che  il  comma  483  dispone  la  non  applicazione   alla
ricorrente Provincia  dell'intero  comma  475,  che  tale  esclusione
dovrebbe essere considerata prevalente, per le ragioni sopra esposte,
e che dunque la presente impugnazione ha carattere cautelativo. 
    Ove applicabile, il comma 475, lett. b) dell'art. 1  della  legge
n. 232 del 2016 contrasta con un fondamentale principio che non  solo
e' sancito nell'Accordo  del  2014  e  trasfuso  nell'art.  79  dello
Statuto, ma che ne costituisce in larga misura la ragion d'essere. Si
tratta, infatti, di un principio di predeterminazione e di  certezza,
in  forza  del  quale  i  possibili  trasferimenti  finanziari  dalla
Provincia allo Stato sono descritti in modo  esaustivo  dallo  stesso
art. 79,  secondo  quando  espressamente  affermato  nel  comma  1  e
ribadito dal comma 2, che riafferma che «le misure di cui al comma  1
possono essere modificate esclusivamente con  la  procedura  prevista
dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione  costituiscono
il concorso agli obiettivi di finanza pubblica». 
    Espressamente, inoltre, il comma 4 dell'art. 79 dispone che  «nei
confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al
sistema  territoriale  regionale  integrato  non   sono   applicabili
disposizioni statali che prevedono obblighi,  oneri,  accantonamenti,
riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli
afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli  previsti
dal presente titolo». 
    A sua volta, il comma 4-quater dispone che «a decorrere dall'anno
2016, la regione e le province conseguono il  pareggio  del  bilancio
come definito dall'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243»  (nel
testo  allora  vigente),  con  la  precisazione,  posta   dal   comma
4-quinquies,  che  «restano  ferme  le  disposizioni  in  materia  di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previste dai commi 460, 461 e
462 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228». 
    Si tratta, dunque,  di  un  sistema  compiuto,  che  non  tollera
commistioni con un diverso sistema sanzionatorio, ne'  premiale.  Del
resto, non si puo' non notare la piena consonanza delle  disposizioni
da ultimo citate con quelle del comma 483 dell'art.  1  della  stessa
legge n. 232 del 2016, che, escludendo l'applicazione del  comma  475
(oltre che 479), precisano che «resta ferma la disciplina  del  patto
di stabilita' interno recata dall'art. 1, commi 454 e seguenti, della
legge  24  dicembre  2012,  n.  228,  come  attuata   dagli   accordi
sottoscritti con lo Stato» (enfasi aggiunta). 
    In altre parole, la clausola di esclusione della partecipazione a
quello specifico sistema di sanzioni e premi disciplinato  dai  commi
475 e 479 non e'  una  stravaganza,  ma  la  conferma  di  un  regime
specifico stabilito in un  patto  con  lo  Stato  e  riversato  nello
Statuto  di  autonomia:  un  patto  che  le  disposizioni  di   legge
ordinaria, come sono quelle del comma 475, non possono e  non  devono
smentire. 
    Sempre nella denegata ipotesi di applicabilita'  del  comma  475,
lettera b), alla ricorrente  Provincia,  va  censurata  la  specifica
ulteriore illegittimita' della disposizione secondo la quale «in caso
di mancato versamento» degli importi previsti «si procede al recupero
di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate  a  qualsiasi
titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale». 
    Si tratta di una disposizione che,  ad  avviso  della  ricorrente
Provincia, palesemente viola il principio di leale  collaborazione  e
dell'accordo,  consentendo  allo  Stato  non  solo   di   determinare
unilateralmente il se e il quanto del presunto debito, ma addirittura
di intestare  direttamente  a  se'  stesso  le  somma  in  questione,
sottraendole  alla  ricorrente  Provincia  alla  quale  spettano  per
determinazione dello Statuto, approfittando del fatto (per vero,  del
tutto casuale) che esse si trovino presso la tesoreria  statale.  Per
tale ragione una simile sottrazione, in assenza di  qualunque  giusto
procedimento,  viola  altresi'  le  regole  di  base   dell'autonomia
finanziaria garantita dagli articoli 70 e seguenti dello Statuto. 
    Infine, non puo' non essere rilevata,  anche  in  relazione  alla
ricorrente Provincia, la radicale incongruita' e irragionevolezza del
nesso, che il comma  475  cerca  di  instaurare,  tra  il  meccanismo
sanzionatorio del versamento per tre anni di  un  terzo  dell'importo
dello scostamento e i fini e la disposizione dell'art.  9,  comma  2,
della legge n. 243 del 2012.  Questa,  infatti,  richiede  che  siano
previste «misure di correzione tali da assicurarne il recupero  entro
il  triennio  successivo»:  misure  di  correzione  che   portano   a
recuperare lo squilibrio, e  che  nulla  hanno  a  che  fare  con  il
meccanismo  afflittivo  di  cui  al  comma  475,  lett.  b),  la  cui
applicazione sicuramente non migliora, per  l'ente  che  lo  subisce,
l'equilibrio tra entrate e uscite. 
III.3. In estremo subordine: illegittimita' costituzionale dei  commi
479, lett. a) e 483, primo periodo, nella parte in cui coinvolgono la
Provincia nel solo sistema sanzionatorio, ma non in quello premiale. 
    Come sopra esposto, la ricorrente  Provincia  ritiene  pienamente
giustificata, in forza del proprio diverso accordo con  lo  Stato,  e
come riconosciuto dal comma 483 dell'art. 1 della stessa legge n. 232
del 2016, oggetto del presente giudizio, la non  applicazione  a  se'
stessa dello specifico meccanismo sanzionatorio  previsto  dal  comma
475. 
    Per la medesima ragione, ovviamente, essa ritiene  di  non  dover
neppure partecipare al sistema premiale costruito dal comma 479,  che
costituisce l'altra faccia del meccanismo sanzionatorio: giustamente,
percio', il comma 483 non dispone solo la non applicazione del  comma
475, ma anche quella del comma 479  (mantenendo  invece  in  vita  la
disciplina della legge 228  del  2012  «come  attuata  dagli  accordi
sottoscritti con lo Stato»). 
    Sarebbe tuttavia evidentemente discriminatorio ed iniquo  che  la
ricorrente  Provincia  si  trovasse  costretta  a  partecipare   allo
specifico  sistema  sanzionatorio  di  cui  al   comma   475,   senza
partecipare al sistema premiale di cui al comma 479: ma proprio  cio'
accadrebbe se si considerassero,  in  denegata  ipotesi,  operanti  e
legittimi i riferimenti espliciti alle  province  autonome  contenuti
nel comma 475. 
    In questo caso, infatti, il comma 483 assicurerebbe  comunque  la
non applicazione del comma 479,  il  quale  del  resto  riferisce  il
meccanismo premiale alle sole Regioni (lett. a). 
    Un  simile  disposto  normativo  complessivo,  tuttavia,  sarebbe
palesemente illegittimo. 
    La legge n. 243 del 2012 prevede infatti un impianto nel quale il
sistema delle sanzioni non puo'  essere  disgiunto  dal  sistema  dei
premi, destinando i «proventi delle sanzioni a favore dei premi  agli
enti del medesimo comparto che hanno rispettato i  propri  obiettivi»
(art. 9, comma 4, lett. c). 
    In attuazione di tali disposti la legge n. 232 del 2016,  accanto
alle previsioni sanzionatorie del comma 475, introduce al  comma  479
anche la previsione di corrispettive  misure  premiali  (comma  479).
Precisamente,  secondo  lo  stesso  comma  479,   al   ricorrere   di
determinate condizioni previste dai commi 470 e 473, alle regioni che
rispettano il saldo di cui al comma 466 e  che  conseguono  un  saldo
finale di cassa non negativo fra le entrate e le spese  finali,  sono
assegnate le eventuali risorse incassate  dal  bilancio  dello  Stato
alla data del 30 giugno ai sensi della predetta lettera b) del  comma
475, per essere destinate alla realizzazione di investimenti. 
    La ricorrente Provincia ha illustrato sopra  le  ragioni  per  le
quali essa ritiene di non far parte di  questo  sistema.  Ma  ove  si
trovasse costretta a farne parte, l'incasso derivante dalle  sanzioni
- comprese quelle che sarebbero allora a carico  della  Provincia  di
Trento, nell'ipotesi (peraltro mai verificatasi) di uno squilibrio di
bilancio - costituirebbe il fondo da ripartire tra gli enti virtuosi. 
    Sennonche' il comma 483 escluderebbe dal  sistema  dei  premi  la
Provincia di Trento, e lo stesso farebbe  il  comma  479,  lett.  a),
riferendosi soltanto alle regioni. 
    In questi termini, il comma 483 dell'art. 1, nella parte  in  cui
esclude l'applicabilita' alla Provincia di Trento del comma 479, e lo
stesso comma 479, lett. a), per la stessa ragione  si  porrebbero  in
contrasto con l'art. 9, comma 4, della legge rinforzata  n.  243  del
2012, che include le autonomie speciali tra i destinatari del sistema
sanzionatorio  e  di  quello  premiale.  Essendo  la  legge   statale
rinforzata vincolante per la legge ordinaria in  forza  dell'art.  81
della Costituzione e dell'art. 5 della legge costituzionale n. 1  del
2012, anche tali disposizioni risulterebbero violate. 
    Inoltre, nelle parti indicate  i  commi  483  e  479,  lett.  a),
violerebbero anche il principio di  ragionevolezza  (art.  3  Cost.),
perche' determinerebbero un'evidente e ingiustificata discriminazione
tra le Province autonome - che si  troverebbero  esposte  al  sistema
delle sanzioni, per l'ipotesi in cui non riuscissero a conformarsi ai
vincoli di bilancio, ma non potrebbero mai godere del  riconoscimento
di un comportamento virtuoso - e la totalita'  delle  altre  Regioni,
per le quali potenzialmente opera un siffatto riconoscimento. 
    Di qui l'illegittimita' costituzionale sopra lamentata. 
    Si  nota  tuttavia  conclusivamente  che   tale   discriminazione
verrebbe automaticamente meno escludendo in toto le province autonome
dallo specifico sistema di premi e sanzioni di cui  ai  commi  475  e
479: come previsto  appunto  dal  comma  483  e  come  la  ricorrente
Provincia chiede in via principale.